dalla Lombardia al Brasile

            In letteratura è significativo il numero di protagonisti che realizzano un viaggio. Basti pensare all’Odissea, all’Eneide, ai Lusíadas. Oppure al viaggio attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso; o più vicini a noi il Grand Tour e i viaggi nelle città e nelle campagne europee. Ma esiste un altro viaggio senza ritorno.
            Destino, destinazione, partenza, viaggio. Parole che trovano un denominatore comune nel fenomeno della migrazione. Soprattutto, per quanto riguarda la migrazione verso il Nuovo Mondo. Un mondo in tutto e del tutto nuovo, da costruire, da creare. Un mondo nuovo che nella mente di un giovane ventisettenne (la cui lettera leggiamo qui) è in puro contrasto con il Vecchio Mondo, in cui guerre, dittatura, morte, sofferenze, privazioni risuonano ancora come un tormento infinito, indimenticabile. Il Nuovo Mondo è vita nuova. È ricostruirsi, è rinascere, è avere un’altra possibilità di compiere il proprio destino. Anzi, di essere protagonista del proprio destino.
            Studiosi dell’immigrazione italiana in America Latina sottolineano che questo fenomeno, diversamente da altri casi di migrazione italiana, è caratterizzato, soprattutto, per la creazione e costruzione di una nuova identità, per la collaborazione alla costituzione di nuove nazioni. In un paese come il Brasile, multietnico e multiculturale, gli italiani hanno contribuito, insieme ad altri popoli, a costruire una nazione, una cultura, un’identità. Non per caso è una delle “etnie” più presenti nel territorio brasiliano (si presume che circa 6 milioni sono gli italiani e oriundi residenti nella città di San Paolo e 13 milioni in tutto lo Stato di San Paolo).
            Nella lettera che proponiamo, è possibile riscontrare un bellissimo esempio di ciò che abbiamo detto sopra: l’emigrazione verso il nuovo, non solo per motivazioni puramente economiche, redditizie, bensì per la possibilità di “concretizzare le proprie aspirazioni”; di “risolvere quei problemi (problemi d’amore, perché Renzo si era innamorato di una ragazza di origine italiana che viveva a San Paolo) già programmati nel ‘taquino’ (taccuino) della vita”. E quindi, l’occasione di farsi una famiglia, di costruire un patrimonio. Come il Renzo Tramaglino dei Promessi Sposi, che –dopo tutte le sorti subite per compiere il suo destino, cioè ritrovare e sposare Lucia– lascia il suo paesino nella provincia di Lecco per andare a vivere a Bergamo. La lettera è indirizzata, invece, a Renzo Sozzi nel 1948 da parte di suo zio Arturo Pisati, immigrato in Brasile nel 1923 Arturo conferma l’acquisto del biglietto per il viaggio, l’attesa dei parenti ansiosi di conoscere il cugino “italiano”, l’incoraggiamento della decisione di migrare.  Renzo lascia Milano con destinazione San Paolo sia per ritrovare colei che gli aveva creato dei “problemi” che per sposarla; e per essere, forse per la prima volta, il protagonista della propria vita, del proprio destino.

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